L’Happy Hour, in Italia, è un Fenomeno Sociale ed Economico in continua Crescita

Carla Falcetto
Carla Falcetto
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Continua il boom del fenomeno dell'aperitivo in Italia, che sta assumendo proporzioni sempre più rilevanti, coinvolgendo milioni di persone e generando un considerevole impatto economico.

Da bar a ristoranti e catene commerciali, questo tipo di consumo fuori casa è diventato una pratica consolidata che attrae una vasta fascia di età, compresa tra i 18 e i 75 anni.

Negli ultimi 12 mesi, oltre 850 milioni di aperitivi sono stati serviti in Italia, di cui 580 milioni durante le ore serali e circa 285 milioni prima del pranzo. La spesa complessiva per questa piacevole abitudine ammonta a oltre 4,54 miliardi di euro all’anno. Questo trend coinvolge circa il 32% della popolazione italiana, pari a 14 milioni di persone, di cui il 24% rappresenta individui di età superiore ai 55 anni.

L'aperitivo serale si configura come una vera e propria consuetudine, particolarmente radicata al Nord

L’aperitivo serale si configura come una vera e propria consuetudine, particolarmente radicata al Nord

Un’analisi di mercato condotta da TradeLab, presentata durante l’evento “Sei già dentro l’Happy Hour?” a Milano, rivela che l’aperitivo serale non è solo un affare per i bar, ma coinvolge anche i ristoranti (circa il 10%) e le catene di ristorazione commerciale.

Ormai l’aperitivo non è un rito ma una consuetudine

L’aperitivo serale si configura come una vera e propria consuetudine, particolarmente radicata al Nord, dove rappresenta il 48% degli aperitivi consumati al tramonto. Al Sud, invece, si dedica maggiormente all’aperitivo diurno, con il 45% dei drink consumati, mentre al Centro e nelle isole questa percentuale si attesta al 39%. La spesa media per aperitivo raggiunge i 9 euro, con una variazione a seconda della zona geografica.

Questo fenomeno coinvolge un vasto pubblico di 14 milioni di italiani, compresi tra i 18 e i 75 anni, che corrispondono al 32% della popolazione. Le fasce di età più mature, sopra i 45 anni, rappresentano quasi la metà degli aperitivi serali, con la Generazione X (45-54 anni) che da sola contribuisce al 20% del totale. Interessante notare che il 24% di chi fa l’aperitivo serale ha più di 55 anni, mentre il 15% rientra nella fascia di età tra i 18 e i 24 anni.

L’aperitivo in Italia si sta evolvendo da semplice tradizione a fenomeno sociale ed economico di rilevanza crescente. Gli operatori del settore sono chiamati a cogliere le opportunità offerte da questa tendenza in continua espansione, investendo in innovazione e qualità per soddisfare le esigenze di un pubblico sempre più vasto e esigente.

La scelta delle bevande varia in base all’età: dai 18 ai 34 anni, la maggioranza (30%) opta per cocktail, mentre dai 25 anni in poi, vino e bollicine (20%) diventano preferiti, con la birra al 20% per chi ha tra i 35 e i 44 anni. Anche i cocktail analcolici sono ben accolti, consumati dal 22% di chi ha tra i 25 e i 34 anni.

La spesa media per l’aperitivo oscilla tra i 6,3 euro per i bar nelle ore diurne e gli 8,5 euro per quelli serali. Nei pub ed enoteche si spendono in media 7 euro, mentre la cifra aumenta a 10 euro in catene di distribuzione e raggiunge quota 17 euro in ristoranti e locali “premium“.

L’abitudine dell’aperitivo, ormai consolidata, potrebbe offrire ulteriori opportunità di sviluppo, specialmente una volta superata la fase congiunturale negativa caratterizzata da un’inflazione che colpisce i consumi. Nonostante le difficoltà economiche, gli italiani sembrano riluttanti a rinunciare al piacere di mangiare e bere in compagnia fuori casa, facendo dell’aperitivo un’alternativa più economica rispetto a una cena o un pranzo.

Caroline Gatti, responsabile marketing di Cattel, un’azienda specializzata nella distribuzione per la ristorazione, sottolinea l’importanza di considerare l’aperitivo come un pasto completo, alla pari di colazione, pranzo e cena. Gatti afferma che vale la pena impegnarsi per migliorare la qualità dell’esperienza dell’aperitivo, allontanandosi dagli accompagnamenti tradizionali come olive e chips. Invita i ristoratori a investire, a fare ricerca e a sperimentare nuove ricette e soluzioni al fine di offrire un’esperienza di valore e trarre profitto da questa crescente tendenza.

Sonia Re, direttrice generale di Apci (Associazione Professionale Cuochi Italiani), sottolinea l’atteggiamento costruttivo che ha contraddistinto le attività dell’associazione nel tempo. Re evidenzia l’entusiasmo che guida ogni progetto e l’impegno costante nel creare iniziative significative per i professionisti del settore, utilizzando anche le nuove tecnologie e modalità di aggregazione come i social media.

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