Il Diritto alla Disconnessione dovrebbe essere garantito (e affrontato) maggiormente in Italia
Siamo sempre più dipendenti da un terminale elettronico, sia nel privato che nel lavoro. È proprio in ambito lavorativo che si prospetta il tema sulla Benessere Mentale e il diritto a staccare dal lavoro.
Abbiamo affrontato una dura e lunga giornata in ufficio, ma ecco che sullo smartphone arrivano dieci notifiche. Siamo in bus, e stiamo pensando a cosa fare una volta rincasati. Il lavoro, tuttavia, ci sta “pedinando” senza che ce ne rendiamo conto, o meglio: lo sappiamo ma non riusciamo a farci nulla. È il diritto a staccare, disconnettersi completamente una volta usciti dal posto di lavoro.

Affrontare lo stress digitale mantenendo il proprio benessere personale.
Il diritto di disconnettersi completamente, anche a livello mentale è diventato argomento di crescente importanza, non solo in termini di benessere mentale ma anche per la salute generale dei lavoratori.
Mentre per alcuni individui, come i workaholic, l’idea di ricevere una serie di messaggi di posta elettronica al di fuori dell’orario di lavoro potrebbe sembrare normale, per molti altri, il diritto alla disconnessione è una questione estremamente importante: abbiamo il diritto di non essere disturbati da messaggi WhatsApp, email, telefonate da parte dei superiori, colleghi o clienti dopo la fine della loro giornata lavorativa.
D’altronde, forse non tutti lo sanno, questo è un sacrosanto diritto sancito da tutti i contratti collettivi nazionali del lavoro. Al di là che si tratti di un aspetto che va oltre il semplice principio morale, è fondamentale per la salute e il benessere mentale.
È ampiamente riconosciuto che essere costantemente connessi e disponibili per il lavoro 24/7 è una delle principali cause di esaurimento nervoso, noto come “burnout“. Questo concetto è stato confermato confermato negli anni da tutti gli esperti di benessere digitale, che hanno sottolineato come la cultura del lavoro 24/7 abbia paradossalmente reso i processi meno produttivi, contribuendo a una progressiva mancanza di equilibrio tra il lavoro e il riposo.
Questo sottolinea l’importanza di gestire in modo consapevole l’uso della tecnologia per evitare costi invisibili per la salute mentale.
Ma cosa fanno le istituzioni italiane in risposta a ciò?
Per rispondere a questa domanda, dobbiamo fare riferimento all’Unione Europea, che si è espressa il 9 ottobre scorso, chiedendo agli Stati membri di adottare misure per affrontare l’impatto del lavoro extra sulla salute mentale. È un passo significativo verso il riconoscimento del diritto alla disconnessione come misura di prevenzione per il benessere mentale dei lavoratori.

Restare sempre connessi è la frontiera del burnout
Questo sviluppo è in linea con un atto giuridico emanato alla fine del 2022, la Dichiarazione europea sui diritti e i principi digitali per il decennio digitale, emessa dalla Commissione e dal Parlamento europeo. Questo documento impegna le istituzioni europee a garantire che tutte le persone abbiano la possibilità di disconnettersi e di godere di equilibrio tra vita professionale e vita privata in un ambiente digitale.
Ma dove siamo in Italia riguardo al diritto alla disconnessione?
L’Italia ha compiuto dei passi significativi in questa direzione. Nel 2017, una legge dedicata al lavoro agile menzionava e disciplinava il diritto alla disconnessione. Successivamente, nel maggio 2021, una legge più articolata è stata promulgata per regolamentare questo diritto, soprattutto alla luce delle esperienze durante la pandemia da COVID-19. Alla fine del 2021, è stato anche stipulato un protocollo nazionale sul lavoro agile nel settore privato, che esplicitamente menziona il diritto alla disconnessione.
La legge del 2021 stabilisce chiaramente che il diritto alla disconnessione è fondamentale per proteggere i tempi di riposo e la salute dei lavoratori, e non dovrebbe influire negativamente sul rapporto di lavoro o sui compensi. In altre parole, a meno che non ci siano accordi contrattuali specifici che riguardino la reperibilità, i lavoratori hanno il diritto di non essere disturbati una volta fuori dall’ufficio. Possono spegnere i dispositivi aziendali, come computer, tablet e smartphone, senza temere ripercussioni. Questo diritto è valido anche durante i periodi di malattia e durante i permessi. Queste misure non sono solo scritte sulla carta, ma possono essere fatte valere davanti a un tribunale del lavoro, se necessario.
Non sempre è facile garantire il diritto alla disconnessione, tanto da farlo diventare un tema di crescente importanza, riconosciuto sia a livello legislativo che tramite iniziative europee. Proteggere il benessere mentale dei lavoratori e promuovere un equilibrio sano tra vita professionale e vita privata sono obiettivi essenziali in un mondo sempre più digitale. Ci sono lavori che sfruttano l’immediatezza di messaggi e chiamate gratuite invadendo la sfera privata dei dipendenti: pensiamo a lavori basati sul turnover, la prosecuzione di un lavoro iniziato da un altro e la necessità di scambiarsi delle consegne tra un turno e l’altro di lavoro: si tratta delle situazioni più delicate in cui trovare un equilibrio diventa indispensabile. D’altronde, non è imperversando di messaggi o di chiamate che si migliora un processo produttivo o si risolvono dei dismiss. Si tratta di processi più profondi, che vanno al di là del continuo lavorativo e che necessitano di figure professionali predisposte come il case manager, per citarne uno.
